24 luglio 2010

Il profumo della signora in nero

Era un periodo in cui venivano realizzate decine e decine di gialli, sulla scia della trilogia degli animali di Dario Argento: "Una farfalla con le ali insanguinate", "Una lucertola con la pelle di donna", "La tarantola dal ventre nero", "La coda dello scorpione", "Gatti rossi in un labirinto di vetro" e via dicendo. Molti erano di qualità sufficiente, altri erano buoni ed altri ancora erano pessimi.
Nel '74 un tale, Francesco Barilli, pittore affermato e già sceneggiatore di due film popolari nel loro genere ("Il paese del sesso selvaggio", il primo cannibal in assoluto, di Umberto Lenzi e "Chi l'ha vista morire?", interessante giallo ambientato in una Venezia cupa, di Aldo Lado), esordì alla regia con "Il profumo della signora in nero", uno spaghetti thriller ispirato non ai film di Argento bensì a "Repulsion" e "Rosemary's Baby" di Roman Polanski.



La protagonista è Silvia (Mimsy Farmer, già vista in "Quattro mosche di velluto grigio" di Argento), biochimica fidanzata con Roberto (Maurizio Bonuglia, "Giornata nera per l'ariete") e residente nel quartiere Coppedé di Roma, la cui vita viene sconvolta dal riaffiorare di un trauma infantile che metterà a dura prova la sua stabilità mentale.
Come accennato prima, il film si rifà alle pellicole di Polanski sopracitate per la figura della protagonista, lasciata sola ad impazzire o quasi, e per l'ambiente del condominio popolato da personaggi bizzarri, su tutti il vicino Rossetti (interpretato dall'attore teatrale Mario Scaccia, noto ai cultori del cinema bis per "Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio"). A dire la verità però, il condominio de "Il profumo..." è molto più simile a quello che si vedrà due anni più tardi ne "L'inquilino del terzo piano", l'altro celebre horror di Polanski. E se quest'ultimo a sua volta si fosse ispirato a Barilli?
Nonostante comunque le ispirazioni polanskiane, il film mantiene una certa originalità, soprattutto nel macabro finale. Bellissime la fotografia (Mario Masini, naturalmente con la partecipazione di Barilli) e la colonna sonora (Nicola Piovani, futuro premio Oscar per "La vita è bella" di Benigni).
Dopo questo piccolo capolavoro, Barilli dirigerà solo un altro thriller: "Pensione paura", il quale, pur essendo un buon film, non dimostrerà di avere quel quid in più che si trova invece nella sua opera prima.



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