12 luglio 2010

Mario Bava: Maestro of the Macabre

Quello che segue è un mio articolo su Mario Bava che ho scritto per il giornalino della mia scuola qualche mese fa. Spero che non sia troppo lungo.

A meno che non siate, come il sottoscritto, amanti di film "vecchi", vi starete sicuramente chiedendo: "Mario chi?". Mario Bava è stato uno tra i più grandi registi di sempre e a lui famosi cineasti come Tim Burton, Quentin Tarantino o il nostro compaesano Dario Argento devono sicuramente molto.
Il motivo principale per cui oggi Bava è poco conosciuto in Italia è che i suoi lavori non hanno mai avuto una gran considerazione dalla critica nostrana. È celebre la sua risposta alla domanda rivoltagli da un giornalista:
- Come spiega che francesi e americani hanno apprezzato i suoi film molto più di noi?
- Perché sono più fessi di noi!
Bisogna riconoscere molte cose a Bava:
- la sua capacità di saper creare dei capolavori cinematografici partendo spesso da budget miserrimi (da cui la definizione di "artigiano");
- le sue grandi doti di direttore della fotografia, grazie alle quali i suoi film sono tuttora una gioia per gli occhi;
- la sua bravura nel fare paura allo spettatore con poco;
- l’aver contribuito alla nascita di importanti generi cinematografici.
Bava muove i primi passi nel mondo dell’horror curando la fotografia e gli effetti speciali di due film diretti da Riccardo Freda: "I vampiri", primo horror italiano, e "Caltiki - Il mostro immortale", dirigendo anche alcune scene in entrambe le pellicole. Arriva poi nel ’60 il suo esordio assoluto dietro la macchina da presa: "La maschera del demonio", universalmente riconosciuto come uno tra i migliori gotici di sempre (oltre che l’horror preferito di Tim Burton).
Nel ’62 dirige il seminale "La ragazza che sapeva troppo", il primo vero giallo all’italiana, cui segue due anni dopo "Sei donne per l’assassino", che presenta, oltre ad una buona dose di paura, un incredibile (per l’epoca) sadismo ed una straordinaria fotografia. Tuttora solo Argento ha saputo far di meglio con "Profondo rosso".
Nel frattempo Bava realizza altri tre classici dell’orrore: "I tre volti della paura", "La frusta e il corpo" e "Operazione paura". Tralasciate opere minori come il brutto "5 bambole per la luna d’agosto" (disconosciuto dallo stesso regista) e i discreti "Il rosso segno della follia" e "Gli orrori del castello di Norimberga", si arriva a "Reazione a catena", meraviglioso giallo splatter che sarà d’ispirazione per il futuro genere slasher (es.: "Venerdì 13").
Nel ’72 è la volta di "Lisa e il diavolo", horror onirico di grande tensione che però, a causa della fredda accoglienza ricevuta al Festival di Cannes, viene ritirato dalle sale cinematografiche e ripresentato tre anni più tardi come "La casa dell’esorcismo". In questa seconda versione sono presenti scene palesemente copiate da "L’esorcista" che stravolgono il senso originale del film (Bava giustamente si rifiutò di firmare questa seconda versione).
Il 1974 è l’anno del violento e claustrofobico "Cani arrabbiati", unanimemente considerato il capolavoro del Maestro. Il film però ha una sorte sfortunata: girato tra difficoltà economiche, non viene distribuito a causa del fallimento della casa di produzione e rimane inedito per più di vent’anni, venendo poi riscoperto grazie anche all’interessamento di Quentin Tarantino.
Nel 1977 Bava torna dietro la macchina da presa per regalare altri brividi allo spettatore con "Schock". Qui il figlio Lamberto collabora alla stesura del soggetto e della sceneggiatura e dirige anche alcune scene. L’anno seguente padre e figlio dirigono insieme "La venere d’Ille", film tv commissionato dalla Rai tratto da un racconto di Prosper Mérimée. È l’ultimo lavoro diretto dal Maestro, che dopo aver collaborato agli effetti speciali di "Inferno" di Dario Argento si spegne il 25 aprile 1980 all’età di 66 anni. Il vuoto da lui lasciato nel cuore degli amanti dell’horror non è stato colmato ancora da nessun regista:
- Dario Argento, dopo la serie di capolavori sfornati negli anni ’70, ha vissuto un decennio artisticamente discutibile, per poi cadere in un periodo di crisi che dura ancora oggi.
- Lamberto Bava, dopo un inizio incoraggiante, ha raggiunto il successo con "Demoni" e "Demoni 2", opere povere di contenuti basate quasi esclusivamente sul gore (senza contare la recitazione atroce in entrambe le pellicole), finendo poi a dirigere mediocri film per la tv (prima thriller, poi fantasy: sua, ad esempio, la serie di "Fantaghirò"). Nel 1989 ha diretto un remake de "La maschera del demonio": per evitare di scrivere insulti, dico solo che Lamberto non è stato all’altezza del padre.
- Michele Soavi, definito da Tarantino "il regista italiano di maggior talento", ha fatto qualche horror di qualità sufficiente e solo un opera degna di considerazione: "Dellamorte Dellamore".
Noi tutti amanti dell’horror stiamo ancora aspettando l’arrivo di un nuovo messia, di un nuovo profeta: di un nuovo Maestro.

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